Uno studio condotto presso la Michigan University dimostra che gli oggetti creati tramite la stampa 3d richiedono dal 41% al 74% in meno di energia rispetto alle tradizionali produzioni manifatturiere.
Il modello produttivo della prima rivoluzione industrialeha fatto si che i centri di produzione si centralizzassero, crescendo nel tempo. Ma con con l’abbassamento dei prezzi delle stampanti 3D si potrebbe tornare ad un modello di produzione decentralizzato.
Megan Kreiger e Joshua M. Pearce del Michigan Tecnology University hanno fatto uno studio comparativo sui consumi di energia elettrica e di gas a effetto serra tra i sistemi manufatturieri centralizzati e distribuiti. Lo studio si è concentrato sulla produzione di piccoli prodotti di plastica, perché sono perfettamente adatti alla produzione attraverso le comuni stampanti 3D da casa.
Produzione
Attualmente, la plastica è uno dei materiali più utilizzati nelle produzioni nei paesi in via di sviluppo dove il costo del lavoro è molto basso. Successivamente i pezzi prodotti vengono spediti in tutto il mondo. In termini di consumo energetico, la stampa 3D “a domicilio” ha l’evidente vantaggio di evitare i costi di trasporto internazionali. Un altro fattore importante è il miglioramento nell’utilizzo dei materiali nei processi additivi, dove gli scarti sono prossimi allo zero.
Il metodo convenzionale per creare componenti in plastica è quello di iniettare il materiale plastico riscaldato in uno stampo. Lo stampaggio ad iniezione lascia poco spazio per la manipolazione del materiale e le parti sono sempre in plastica solida. Kreiger e Pearce scoperto che nella maggior parte degli oggetti stampati in 3D una percentuale di riempimento del 25% o meno è sufficiente a mantenere l’integrità strutturale del prodotto. Inoltre, la stampa 3D permette di creare forme complesse in una singola sessione, come parti e strutture cave in movimento, risparmiando quindi sull’energia consumata successivamente da macchinari per la foratura e il montaggio.
Per confrontare la produzione distribuita e quella convenzionale Kreiger e Pearce, hanno analizzato il ciclo di vita di tre prodotti: uno spremiagrumi, un blocco di costruzione per bambini e un getto d’acqua. Per ogni prodotto hanno calcolato il fabbisogno energetico totale secondo la tecnica cradle-to-grave. La LCA tradizionale comprende l’estrazione delle materie prime nel paese di produzione, la produzione di massa e il trasporto internazionale in un magazzino negli Stati Uniti. La LCA distribuito comprende l’estrazione delle materie prime negli Stati Uniti, il trasporto interno e la produzione a domicilio. I ricercatori hanno anche sperimentato con stampanti 3D ad energia solare. Qui hanno ottenuto il miglior risultato, risparmiando il 74% di energia rispetto alla produzione convenzionale. Per quanto riguarda l’elettricità da fonti non rinnovabili, il miglior risultato è stato del 64%.
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